
Tutto passa, tranne Federico Fabi
Quella che potete leggere qui non è solo un’intervista. Con Federico Fabi, infatti, abbiamo parlato di cambiamento, industria musicale, vita da artista, ma anche del lavoro sui suoi progetti. È stata una chiacchierata sincera e schietta: come dice anche nel suo ultimo singolo, Tutto Passa, certo, ma la potenza della musica, indipendentemente dal tempo che scorre via, non passa mai.
TUTTO PASSA
Iniziamo parlando dell’ultimo singolo che hai fatto uscire Tutto passa. Il brano ci propone una prospettiva sul cambiamento. Possiamo dire che è una canzone dedicata a chi sta vivendo un momento difficile. Tu come vivi i cambiamenti? Le parole nella canzone sono rivolte a te stesso o agli gli altri?
Quando l’ho scritta, nel periodo finale della pandemia, stavo attraversando un momento difficile. Soffrivo di attacchi di panico. Al tempo non sapevo come gestirli, ma le persone accanto a me, soprattutto mio padre (filosofo) mi hanno aiutato. Lui mi ripeteva spesso la frase “tutto passa, comunque vada, questo sarà solo un ricordo un giorno”. All’epoca avevo 25/26 anni e la ragazza con cui stavo stava iniziando a prendere decisioni importanti, era nella fase della vita in cui è necessario iniziare a responsabilizzarsi. Sicuramente ho scritto queste parole anche per lei, le cantavo per me ma volevo farle arrivare anche a lei. E’ una carezza, una consolazione.
Lo stesso vale per me, adesso come anni fa, ripeterlo è una sorta di medicina.
In effetti sentendola ho avuto proprio la sensazione di un abbraccio, un conforto per le persone che vivono dei momenti in cui non vedono la luce.
Nonostante l’abbia scritta qualche anno fa, pur proponendola adesso – visto che non avevo la testa al tempo per pubblicarla – fa comunque lo stesso effetto dell’inizio. Quando qualcuno scrive una canzone l’effetto rimane nel tempo.
AUTOBIOGRAFICO TESTAMENTO
Facciamo un piccolo passo indietro. L’ultimo album che hai fatto uscire è stato Liquirizia: si tratta di un lavoro molto autobiografico. Ascoltandolo mi ha dato un senso di familiarità. Ho avuto la sensazione che tu volessi raccontare al pubblico le persone che ami, a cui vuoi bene. Qual è stata l’esigenza dietro alla scrittura di un album così intimo e personale?
E’ esattamente così. Io l’ho scritto per me e per altre 4/5 persone. Ero da poco uscito dall’etichetta (Asian Fake) e volevo fare un album come volevo e con le mie parole, senza pensare estremamente alla forma. Di fatto è molto sincero e personale e poco ammiccante verso il pubblico, però nasceva proprio da un’esigenza personale di lasciare qualcosa alle persone che mi hanno voluto bene. Sono molto tragico nelle cose, quando l’ho scritto ho pensato: “metti caso che domani zompo per aria, cosa lascio?” Lo so è triste [ridendo, nda], ma io ho la capacità di lasciare qualcosa da ascoltare. E’ costato tanto come progetto perché è autoprodotto, ma vedere l’emozione sul volto della mia famiglia quando l’ha ascoltata è stata una delle soddisfazioni più grandi della mia vita. Io faccio fatica a comunicare, ma così so che quando vogliono sentire qualcosa di me, hanno questo album.
Un po’ un testamento, si potrebbe dire?
Esatto, io quando lo dico vengo preso in giro “Madonna Federico sei sempre il solito”. E’ capitato che mi dicessero che le mie canzoni sono troppo tristi, non penso siano tristi però sono molto intime e malinconiche.
RITORNO ALLE RADICI
Riprendendo un tema cui hai accennato – in merito al cambiamento della produzione- il tuo primo album era sempre autoprodotto, poi sei passato ad Asian Fake e poi sei tornato a produrti da solo. Come è cambiato il tuo modo di fare musica in questo processo? Hai avuto una connessione diversa con la musica che ti sei auto prodotto?
Io quando ho iniziato, l’ho fatto per caso. Era il 2017 e la scena indipendente stava iniziando a nascere. Quando l’ho scritto eravamo pochi che si iniziavano a sentire in giro: Giorgio Poi e Calcutta lo facevano da un po’ ma erano tra i primi.
Il primo album è andato bene, forse proprio perché eravamo in pochi, per me era surreale non mi immaginavo nulla del genere. Dopo un po’ Asian Fake mi ha notato e abbiamo firmato. Però il problema dell’ambiente musicale e delle case discografiche -soprattutto le big- è che puntano su di te ma alla fine rimani sempre l’ultima ruota del carro. Il processo di produzione e lavorazione è lungo ma il mondo della musica va molto veloce e tu rischi di rimanere indietro, si crea un bug. Devi stare sempre al passo ed essere veloce. Questa cosa mi ha un po’ sfasato, la musica tra il primo album e quello successivo è completamente cambiata. Ero meno grezzo.
Quando ho deciso di fare il mio album da solo sono stato molto soddisfatto, è una musica che mi piace e che ascolterei. Però non è lavoro. Purtroppo la musica è un compromesso, sarebbe un’illusione dire il contrario. Se voglio un risultato alto devo scendere a compromessi, quindi ho iniziato a prenderla con calma accettando quello che succedeva
In effetti nel mondo delle case discografiche – come in generale – siamo immersi in una dimensione molto performante e che richiede velocità e cambiamenti.
Stavo vedendo un post su Instagram, su questo discorso molto vero. Non c’è più nessuno che dice che una cosa fa schifo, che un pezzo fa cagare, o una cosa è bella o non esiste. Del brutto non se ne parla più. Io preferirei che mi dicessero “guarda fai cagare” piuttosto che “non esisti”.
Un altro problema è l’autenticità. L’altra sera ad un concerto sentivo degli addetti ai lavori che si lamentavano di come la gente si “prostituisce” su instagram, facendo reel tutti uguali. Il problema è anche questo: devi cercare di non essere uguale agli altri e di non rischiare di rimanere nel marasma. E’ un po’ un cane che si morde la coda.
CAMBIAMENTI
Rispetto all’album Io me per sempre uscito 7 anni fa, come è cambiato il tuo modo di scrivere – più che di fare – musica. Pensi che la tua scrittura sia cambiata? Se sì, cosa le ha permesso di cambiare?
Sì sicuramente. Quando mi trovo ad un concerto a cantare canzoni di sette anni fa, in un certo senso mi imbarazzo. Usavo una dialettica molto diversa, quelle frasi e quel modo di scrivere trasportate ad oggi non le percepisco mature. Questo lo rivedo anche in altri artisti di oggi che hanno cambiato il loro modo di scriver nel tempo.
Io, per quanto mi riguarda, sto cercando di scrivere in modo più semplice. Cerco sia parole che melodie molto semplici e dirette.
E’ una cosa che ho realizzato, ad esempio, riascoltando i primi album di Dylan: le sue prime canzoni hanno due note in croce ma arrivavano a tutti, senza stereotipi, uno semplicemente riduce tutto ad una musica senza artefatti. Per me questa è la chiave, mi fa sentire bene e mi fa sentire libero di fare musica.
Parliamo un attimo di amore, o per meglio dire la tua idea dell’amore. E’ un tema molto ricorrente nelle tue canzoni. ad esempio in una tua vecchia canzone imparare a nuotare dicevi “sai che l’amore non lo trovo utile, fa male alla salute e poi ti rende debole”. Pensando al cambiamento della tua scrittura, immagino sia cambiata anche la tua idea dell’amore. Come e perché è cambiata?
Mi sono arreso diciamo (risata). Prima lo combattevo, ero molto prepotente, volevo con la razionalità dominare qualcosa che non era razionale. Nel tempo però ho capito che se e quando capita (perché è raro) bisogna lasciarsi andare e non bisogna dominare l’altra persona con le proprie idee. La parla chiave è: accettare. Innanzitutto meritiamo di essere trattati bene e con gentilezza, questo è un pilastro dell’amore che però all’epoca non capivo. Il proprio modo di vivere l’amore cambia nel tempo, c’è chi si abbrutisce e chi si scioglie. Io ora mi sento molto più libero e dolce verso l’amore. Sono cambiato molto e trovo molto bello trovarsi preparati e gentili nei confronti dell’amore.
Cosa stai ascoltando ultimamente? C’è qualcosa che ti ha ispirato?
Purtroppo adesso sono un po’ disilluso e annoiato dalla musica di adesso. Che cosa posso trovare in giro? Ci sono artisti molto bravi, ma non mi danno musica leggera e intima (tipo: Bon Iver, Big Thief). Diciamo che mi piace ascoltare anche roba grezza, non è tutto preciso, gente che sbaglia e stona. Ora trovo tutto pettinato e impacchettato, quindi cerco di ascoltare e di trovare qualcosa di più grezzo.
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