Murubutu è tornato per raccontarci la vita segreta delle città

Chiudete gli occhi. Ascoltate il rumore dei passi sui sampietrini umidi, il rimbombo di una campana lontana, il brusio delle voci che si perdono tra i vicoli. Le città non sono semplicemente luoghi. Ogni strada custodisce segreti, ogni edificio racconta una storia, ogni piazza è il palcoscenico di infinite vite che si intrecciano. È proprio in questo dedalo di strade, tra vicoli che sussurrano ricordi e piazze piene di storie, che nasce “La vita segreta delle città”, il nuovo affresco musicale di Murubutu. Qui, la città non è solo lo sfondo delle nostre vite ma un personaggio vivo, un testimone non silenzioso di sogni, solitudini e riscatto.

UN FLÂNEUR MODERNO

La narrazione intorno a Murubutu ci ha abituato a vederlo non solo come rapper, ma anche come narratore, scrittore e filosofo. Questa volta si veste dei panni di un moderno flâneur, la figura descritta da Baudelaire, l’uomo che vaga senza fretta, osservando e lasciandosi attraversare dalle emozioni. Si immerge nelle strade per coglierne l’essenza e raccontare gli aspetti più nascosti. “La città è un libro di pietra su cui scivola la storia” – racconta – ma mi piace immaginarla anche come un organismo vivente e senziente, capace di influenzare il destino degli uomini.” Essa diventa una forza attiva, artefice del nostro destino che plasma chi siamo, chi saremo. Ogni vicolo ci invita a prendere una decisione, a intraprendere un cammino che, spesso, non avremmo mai scelto da soli.

Questo concept-album attraversa il paesaggio urbano in tutta la sua complessità, raccontandone luci e ombre. Dalle megalopoli frenetiche come New York ai borghi sospesi nel tempo, dalle strade affollate di Palermo alle periferie dimenticate. Nei brani la città diventa ora rifugio, ora prigione. Essa – nella crisi che quasi tutti ci ritroviamo a vivere almeno una volta nella vita – diventa anche un luogo da cui scappare per sfuggire alla claustrofobia che ci stringe o per soddisfare il desiderio di un cuore nomade. Nelle quindici tracce, l’artista compone un atlante emotivo in cui realtà e immaginazione si mescolano.

Le sue narrazioni evocano atmosfere di Dublino, Parigi e altri luoghi simbolici mentre aprono finestre su mondi universali e onirici. Le influenze letterarie si intrecciano alla musica: il flâneur di Walter Benjamin cammina accanto ai personaggi di Balzac e Joyce, mentre le architetture fantastiche di Calvino dialogano con la prosa di Virginia Woolf e Federico Pace. Ogni brano è una polaroid sonora che cattura l’essenza di un luogo, restituendone suoni, colori ed emozioni. Il frastuono del traffico si confonde con la poesia e la città diventa un palcoscenico in cui si muovono storie e destini intrecciati.

AL CENTRO DI TUTTO: LA PAROLA

Ma è la scrittura, ancor prima delle immagini evocate, a definire lo stile di Murubutu. La sua metrica si articola con una precisione chirurgica, alternando versi dal rigore quasi prosodico a incastri ritmici che evocano il battito della città. Il flow si adatta ai diversi scenari urbani: è serrato e incalzante nelle frenesie metropolitane, più ampio e contemplativo negli scorci malinconici. Il suono delle parole diventa un’architettura, capace di modellare lo spazio narrativo come un’urbanistica sonora. Il contenuto prevale sul cliché e la letteratura contamina il rap arricchendolo di registri, vocabolario e profondità. Non a caso, il suo nome d’arte affonda le radici nella mitologia africana dove Murubutu designa lo “stregone della parola”, colui che attraverso il linguaggio guarisce e trasforma. Qui, il processo creativo è ribaltato: non è la frase a generare la parola, ma la parola a richiamare il concetto, a modellare il verso, a tessere la narrazione.

Come ascoltatori, non siamo semplici spettatori delle storie raccontate. Siamo coinvolti, parte di quell’intreccio che Murubutu crea con le sue parole. Attraversiamo questi spazi con altri artisti, creando un dialogo sonoro. Con la partecipazione di Erica Mou, Dia, Alborosie, Ivana Lcx, Dj Craim, Dj Caster, Davide Shorty, Danno ed Elisa Aramonte si costruisce una geografia musicale in cui ogni collaborazione arricchisce la sua visione del paesaggio urbano, aggiungendo nuove sfumature e prospettive alla narrazione. Perché nelle città non si è mai soli: ogni via custodisce storie di incontri, come quello di Dario e Silvia in “Vicoli”, i cui sguardi si sfiorano tra la folla. Ogni storia racconta destini, come quello degli amanti di “La vita segreta”, anime in corsa che nei secoli continuano a cercarsi da Firenze alla Belle Époque parigina. Il sottile filo della vita percorre ogni strada, legando passato e presente in un racconto che attraversa il tempo.

Ora potete aprire gli occhi. Notate? Ora ogni scorcio parla in modo diverso. Ogni luogo è un racconto che si svela lentamente, un insieme di storie che si sovrappongono e si legano nel tempo. “La vita segreta delle città” è un invito a perdersi e ritrovarsi nei labirinti urbani, tra parole e suoni che restituiscono l’anima mutevole dei luoghi. Perché ogni città è movimento, anche se il mondo è in stand by. Ogni città ha una storia da raccontare. Basta saperla ascoltare ma soprattutto saperla vivere.

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Giornalista pubblicista, scrive di cultura e musica. Radiohead, Aphex Twin e Battiato sono fissi nelle sue playlist, come un viaggio tra l’utopia e il limbo. Non dimentica mai le cuffie e un libro, anche quando non ricorda se abbia chiuso l’auto. Preferisce gli scogli alla sabbia e vive nel caos creativo di riflessioni, voli pindarici e conversazioni infinite. Studia legge ma non ha ancora trovato una clausola che giustifichi la sua incapacità di decidere tra i mille libri che ha in sospeso. Sa però scegliere sempre il brano giusto.