
Il match perfetto
È difficile descrivere la musica di Missey. Non perché non mi abbia convinta o perché ci sia poco da dire: tutto il contrario. Quando mi sono imbattuta nei suoi lavori ho realizzato quando difficile fosse inquadrarla all’interno di un genere o trovare qualcuno di simile a lei nel panorama italiano. Mentre ascolto “Fiammiferi” per l’ennesima volta, bloccata davanti al computer, mi rendo conto che stiamo parlando di musica da outsider, di brani scritti da un’artista che non vuole rimanere bloccata all’interno delle logiche soffocanti di un’industria che ama inserire l’arte all’interno di categorie prestabilite.
TRASFORMAzione SENZA LIMITI
C’è voglia di sperimentare, di lasciar scorrere dentro ai brani il proprio passato musicale, gli ascolti di una vita. Allo stesso tempo, c’è sempre uno sguardo, lucido e curioso, sul presente. Possiamo parlare di Missey come di un’artista camaleontica? Per quel che mi riguarda assolutamente si. Quando le chiedo quale sia la forma che sta prendendo il grande collage sonoro del suo progetto, mi dice di aver “sempre ammirato in tutte le mie artiste e artisti preferiti le diverse capacità di trasformarsi con la loro musica. Per questo motivo ho deciso di non pensarmi racchiusa all’interno di un genere musicale, ma piuttosto, anche grazie al confronto con OMAKE come produttore, di continuare ad esplorare nuovi territori, in cui arrivo e sento di potermi riconoscere. Essere una cantautrice nel 2024 per me ha questa forma”.
Il sound è strettamente connesso alla percezione di quello che la circonda, e di conseguenza si lega in modo indissolubile al processo di scrittura. Crescere, maturare di pari passo con la propria arte; non potrebbe essere altrimenti. “Il mio processo creativo si muove per immagini prima di capire cosa voglio scrivere.
Cerco di far focus su forme, colori, fatti e sensazioni che mi rimangono impressi di momenti vissuti, così come di quelli su cui posso solo fantasticare.
Tento di rendere più nitide le associazioni tra loro (capire perché mi ritornano in mente) per avere un’idea di come far ‘suonare’ l’immagine a livello espressivo e dopo provo a ripetizione parole/metriche per giorni, come mesi. Quando sento che contenuto, parole e intenzione vocale si intrecciano finalmente nel modo forte e coerente che avevo in testa, ho finito”.
fil rouge
Guardando al quadro generale, sembra esserci una connessione interna e costante tra i brani. Si tratta di un fil rouge dall’innegabile potere espressivo che ci accompagna nell’ascolto: “le mie canzoni sono sempre interconnesse tra loro, più mi conosco come individuo e guardandomi attorno, più cerco di trasporre i miei percorsi, i tentativi e idee che cambiano nel tempo, nella musica che cresce con me. In “FUTURO3“, sentivo forte il peso di ricordi mentre avevo un forte desiderio di andare avanti. Ne “La ricompensa della mangusta” racconto quello che ha significato per Francesca “l’andare avanti”: nuove responsabilità, fare scelte o fare retromarcia, conseguenze e megalomanie in cui cadiamo quando cerchiamo un nuovo equilibrio”.
“Fiammiferi” è la conferma di questo procedimento, oltre ad essere – posso dirlo? – un pezzone. Forse mi sono lasciata catturare subito dall’atmosfera nineties (e comunque per quel che mi riguarda già qui dovreste fiondarvi ad ascoltare la canzone). Quello che poi mi ha trascinata sempre più a fondo, accarezzata dalle voci di Missey e di cecilia, è stato il tuffo all’interno di sonorità pop dove riecheggiano gli anni sessanta. Un mix magnetico che unisce elementi in apparenza tra loro opposti. Eppure, non appena sentiamo le artiste cantare, ci rendiamo conto di come in realtà tutto sia perfettamente coerente.
il match perfetto
“Il pezzo è nato insieme a cecilia e poi ha preso forma in più momenti a distanza di mesi ed è stato emotivamente forte. Le prime parti che sono nate sono state la strofa e il rit di cecilia, immediati e incisivi. Uniti all’arrangiamento di OMAKE mi hanno toccato fortissimo.
La costruzione del testo insieme a cecilia ha generato in me domande, suggerendomi nuovi modi per dialogare in musica attraverso quello che ci tocca nella nostra quotidianità e che a volte tendiamo a nascondere.
Una delle cose che porterò sempre con me è il fatto che io e cecilia non ci conoscessimo così bene quando abbiamo iniziato a scrivere “Fiammiferi“. Il periodo di costruzione del pezzo ha coinciso con l’intensificarsi della nostra amicizia. È stato raro e speciale”. Lo ammetto, con questa risposta mi sono un po’ commossa.

I punti di forza del brano sono ricamati con dolcezza sul tessuto sonoro, diventando l’incontro perfetto grazie al canto di Missey e cecilia.
In inglese il fiammifero è un “match”, è quel fuoco che scatta nel momento in cui le due superfici giuste si sfregano tra di loro. Impossibile, a quel punto, evitare la fiamma.
Tutti nella vita abbiamo dei match. Qualcosa che fa nascere quel calore dentro di noi, quell’istante in cui ci rendiamo conto che la chimica è innegabile e che forse stiamo procedendo sulla strada giusta.
I match di Missey sono stati fondamentali per la costruzione del suo progetto, incontri casuali che l’hanno portata fino a questo punto. “La prima volta che ho sentito parlare della Bossa Nova dalla mia prima insegnante di canto. Studiare e avvicinarmi all’arte contemporanea negli anni di accademia e dopo. Ho imparato da ogni persona conosciuta ad avere cura di ciò che sta alla radice delle nostre idee. Scoprire gli Earth Wind & Fire, mega reference per sempre di come si canta lo star bene insieme o anche l’esser stati bene. “Grand Budapest Hotel” di Wes Anderson!!! “Just Kids” stupendo umanissimo libro di Patti Smith”.
ALBUM IN ARRIVO
Il nostro discorso non finisce qui: a breve, infatti, arriverà un album. Anche se questo articolo non basta per riuscire a raccontarvi tutte le sfaccettature di Missey, “La ricompensa della mangusta” di certo riuscirà a farvi immergere nel suo mondo. Tenetevi pronti per lasciarvi andare, trascinare via dalla musica, abbandonare la quotidianità soffocante per riscoprire la bellezza del poter semplicemente giocare con il suono.
“La realtà è complicata e non c’è quasi più spazio per giocare, per divertirsi, per le cose semplici o almeno gli ultimi anni Milano per me è stata così.
Ho smesso di divertirmi anche io che ho il “wow” facile e così, dal buio dell’apatia che ho avuto in testa, ho puntato tutto sul giocare ancora con la musica: la fonte di serenità che tra tutto e tutti mai mi ha abbandonato.
Così ho riunito i miei amici artisti e non, abbiamo giocato e riso, ci siamo messi alla creazione di scenari in cui la fantasia potesse significare trasformazione, avvicinandoci tra noi e allontanandoci dalle cornici quotidiane che ci tengono con la testa bassa sullo schermo”.
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