
S P E Y S I D E, ovvero l’inaspettato ritorno alle origini dei Bon Iver
Chi l’avrebbe mai detto. Probabilmente in pochi avrebbero scommesso su un imminente ritorno dei Bon Iver. C’erano voci che davano addirittura per certo un hiatus a tempo indeterminato della formazione di Justin Vernon e soci, rendendo ancora più preziosa l’ultima l’esibizione italiana dell’anno scorso nella soleggiata Lido di Camaiore. Gli anni passati dall’ultimo I,I sono solamente cinque, ma la pandemia ha come dilatato, allungandolo, questo intervallo temporale, protraendo il tour in supporto del disco addirittura fino al 2023.
La recente apparizione della band a supporto di un comizio di Kamala Harris pareva essere una rara (e isolata) occasione di ascoltare qualche brano in un’inedita formazione a tre. Una scelta di campo dettata dall’attivismo politico, certamente, più che una conscia volontà di far parlare nuovamente di sé. E invece, a pochi giorni di distanza, è successo l’inimmaginabile.
il ritorno
Il nove settembre viene pubblicato un enigmatico Reel in bianco e nero sui suoi canali social che lascia presagire l’inaspettato ritorno. Solamente dieci giorni dopo esce S P E Y S I D E, primo estratto dal nuovo EP intitolato Sable, disponibile per l’ascolto integrale fra meno di un mese. Contro ogni aspettativa, dopo due album in cui ha abbracciato il massimalismo elettronico di vocoder, looper e pitch-shifters, il compositore del Wisconsin torna al sound intimista che l’aveva eletto alfiere dell’indie folk con For Emma, Forever Ago nel 2008. Saranno sicuramente contenti i fan della prima ora, scesi a patti con la possibilità di non assaporare mai più delle perle acustiche come re:stacks o Skinny Love.
Nei quattro minuti del brano Vernon mette a nudo le proprie emozioni, spalancando agli ascoltatori le finestre della propria vulnerabilità. Con una sincerità e un’introspezione forse mai prima d’ora così intense. Sostenuto da un arpeggio di chitarra acustica, la mente dei Bon Iver racconta, tra le altre cose, quanto la sua creatura stava finendo per corroderlo dall’interno, schiacciato dalle aspettative sempre più esigenti verso il proprio output musicale.
UN SUSSURRO IMPRESSIONISTA
Non è facile non venire inghiottiti dalle tenaglie della depressione quando milioni di persone lodano (soprattutto) la tristezza dei tuoi brani. E, da ascoltatori, è francamente difficile non sentirsi scavare dentro da frasi come “And hope you look / As I fill my book / What a waste of wood / Nothing’s really happened like I thought it would“.
Nonostante l’ultimo I,I fosse un LP dolce come una carezza estiva, di quell’euforia solare in questo brano è rimasto solo il ricordo. Vernon torna simbolicamente alle sue origini, a quel gelido capanno nel Wisconsin dove si isolò per dar vita a una pietra miliare dell’indie del Ventunesimo secolo.
Ad accompagnare il brano c’è anche il videoclip dalle tinte impressioniste diretto da Erin Springer in cui un avvolgente bianco e nero enfatizza ancora di più la fragilità di uno degli artisti che più ha elevato la composizione a vero e proprio processo catartico di autoanalisi.
IN TREPIDANTE ATTESA
L’appuntamento, a questo punto, è al 18 ottobre, in cui saranno ascoltabili le altre due canzoni dell’opera. Su internet qualcuno si lamenta della durata, probabilmente sperando nell’esistenza di un LP o un secondo album sulla breve distanza. Beh, non dovrebbero, dato che l’EP del 2009 Blood Bank contiene alcune delle canzoni più memorabili della sua discografia. Potrebbe, a ragione, accadere di nuovo.
VUOI SCOPRIRE ALTRA MUSICA BELLISSIMA? LEGGI FELT E SEGUICI SU INSTAGRAM!