Cantautorato primordiale

L’etichetta del cantautorato è già stata, da sempre, sufficientemente scivolosa. Assumere questa categoria come propria diventa qualcosa che, nell’industria musicale, più che descrivere il “cosa” ha a che fare col “come”, forse: non sono solo scelte musicali o cura testuale, ma un’attitudine nell’andare al fondo di quel che si fa che diventa dialogo con quello stesso sistema e il proprio sé, come persona tutta. Anna Castiglia questo processo lo conosce bene e dopo una lunga decantazione è uscito Mi piace, un album di debutto che arriva dopo una moltitudine di esperienze che Anna ha attraversato in più anni di gavetta e che l’ha portata qualche mese fa a essere la vincitrice dell’ultima edizione di Musicultura. L’abbiamo raggiunta per fare due chiacchiere su questo suo denso muoversi, sull’album, sui prossimi passi.

L’ALBUM DI DEBUTTO

Benvenuta Anna, e grazie. Dunque, Mi piace è il tuo album di debutto, arrivato dopo molti anni di attività del tuo progetto. Com’è stato il viaggio che ti ha portato fino a quest’uscita?

È stato un viaggio lungo e non è ancora finito, in realtà pubblicare le canzoni è sempre l’inizio, anche se sicuramente si è conclusa una fase di gestazione non indifferente. Comunque lo rifarei!

ESPRESSIONE PRIMORDIALE

Parte di questo lungo tempo di creazione e di ricerca della tua voce si descrive proprio in un verso della title track del disco, “Qualcuno apprezzerà la mia specialità, ma prima dovrà piacere a me”, posizione che descrive una visione precisa del mestiere di cantautrice. Cosa sono, per te, le cose che ti fanno capire di stare andando musicalmente in una direzione soddisfacente?

È spesso difficile ascoltarmi e capire se sono soddisfatta, ma sicuramente mi posso basare su delle piccole cose che mi suggeriscono uno stato d’animo. Quando mi piace quello che sto facendo lo dico e tanto! Lo urlo ma con discrezione e a volume basso.

Nel tuo disco riesci a far convivere molte sonorità, ma la matrice centrale attorno cui si costruiscono i suoni rimane quella della voce e della chitarra, set solista con cui hai girato una moltitudine di palchi. Cosa significa per te il poter suonare le tue canzoni in autonomia?

Significa libertà, spirito di adattamento, crescita, espressione sincera e primordiale di quello che sono e delle mie canzoni.

L’INDUSTRIA MUSICALE

Tra le altre cose tu fai parte anche del collettivo Canta fino a dieci, un gruppo di cantautrici che cerca di mettere l’accento sulle disparità di rappresentazione di genere nell’industria musicale italiana. Com’è nata questa unione, e com’è il riscontro che avete dalle persone interne all’industria circa le intenzioni del vostro progetto?

La nostra unione è nata da un’amicizia, da una stima e poi da urgenze in comune. Ci siamo conosciute a Torino e stiamo continuando a farlo in tante città di Italia e d’Europa. Non vogliamo salvare il mondo ma sicuramente amplificare le voci di una categoria ancora troppo discriminata. Stiamo avendo una risposta molto positiva nel settore!

Tra le cantautrici del collettivo è anche presente Francamente, artista con base a Berlino con cui hai condiviso molti palchi e che al momento sta affrontando, come tu prima di lei, l’esperienza di X Factor. Com’è stato, a un anno di distanza, attraversare col suo sguardo quel contesto?

Non ho attraversato questo contesto perché lo sta facendo lei, non io. Però mi emoziono per lei e sicuramente posso capirla e sostenerla.

Una tematica ricorrente nei tuoi brani (tra cui i primi due singoli che hanno anticipato l’album, Ghali e Participio presente) è quella metamusicale della condizione del far musica in Italia e del tuo fronteggiarne le richieste, e le domande che ti ingenera. Al momento qual è il tuo sentire nei riguardi di quel che fai, musicalmente parlando? E quali saranno le prossime direzioni che vorrai esplorare?

Sono felice di quello che faccio, della direzione che sto prendendo e forse è ancora presto per capire le direzioni future, però ci sono nuove canzoni (che forse sono già vecchie, ahaha) che non vedo l’ora di pubblicare.

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