
Barra su barra una scala: Intervista a Keso
Andrea Marchetti, in arte Keso aka Kid Kontrasto, è un rapper, MC e host presente nella scena hip-hop italiana da molto tempo, soprattutto per quanto riguarda il mondo del freestyle rap, contesto che in questi ultimi anni sta generando sempre più movimento. Figura capace di attraversare la scena rap diagonalmente, lo abbiamo contattato per poter aiutarci ad avere uno sguardo interno sulla vita di questa cultura.
la scena freestyle
Benvenuto Andrea, e grazie. Dunque, la tua figura è rimasta centrale per molti anni all’interno della scena freestyle italiana ed essendo senza dubbio tra i rapper più longevi ad averne alimentato il fuoco avrai avuto modo lungamente di mapparla. Quali sono, per te, le forme che stai vedendo prendere al movimento in quest’ultimo periodo?
Avendo visto tanti saliscendi e cambiamenti negli anni da parte del movimento hip-hop a 360° non posso dire che la situazione sia negativa, sicuramente non sono entusiasta di alcune dinamiche che sono un po cambiate nel corso del tempo ma non sta a me decidere che cosa va bene o male per tutti. L’hip-hop (quindi anche il freestyle di conseguenza) è un movimento che vive di contaminazioni e connessioni, ed è per questo che non si esaurirà mai. Diciamo che per quello che vedo siamo in una fase di assestamento, la nicchia del freestyle è ben consolidata e uniforme sotto certi aspetti, ancora immatura sotto altri, bisognerà solo aspettare il prossimo evento che riuscirà a bucarne i perimetri per potergli permettere di allargarsi. Staremo a vedere e ci godremo il viaggio nel frattempo.
all bars game
Tu sei host e ideatore dell’All Bars Game, un format che ha portato una proposta originale all’interno delle performance rap e che mette davanti a chi partecipa la sfida di uno spazio iperversatile dove valorizzare ogni aspetto del proprio stile: l’acapella. Com’è nata l’idea del format, da cosa hai tratto ispirazione? Quali sono i riscontri che hai avuto dagli MC’s che si sono confrontati con questa modalità?
L’idea mi è venuta perché, essendo fan del rap in ogni sua declinazione, era un format che avevo già avuto modo di vedere in diversi paese e lingue e quindi ho pensato che sarebbe stato il momento giusto di portarlo anche in Italia. La mia volontà era quella di andare un po’ in controtendenza rispetto alla direzione che stava prendendo la scena, i contest erano sempre più saturi di modalità che non permettevano a pieno l’espressione artistica dei contendenti a mio modo di vedere, e dal canto mio sapevo che invece c’era del materiale umano capace di gestire una roba del genere a livelli alti.
Ovviamente stare in massima libertà, a cappella, è come stare a gravità zero, troppa libertà se non la sai gestire ti si può ritorcere contro, però è stata anche questa una chiave di lettura che ha permesso di migliorare ai novizi della modalità e di brillare ancora di più a chi aveva le carte in regola per padroneggiarla sin da subito. Per adesso sono soddisfatto di come sta andando.
zona rossa crew
Tra le altre cose sei tra i membri dell’aquilana Zona Rossa Krew, in attività dal 2009. Al netto delle tue esperienze in studio e in live da solista, in cosa si differenzia il lavoro collettivo in crew – sia nel registrare che nelle performance dal vivo?
Quello che cambia essenzialmente è il riuscire a capire i propri spazi e talenti, capire le proprie qualità per metterle al servizio della squadra nel momento giusto sia in studio che sopratutto, forse, dal vivo. Tra l’altro questo è un processo che ti aiuta molto a conoscerti artisticamente e personalmente.
esperienze
Il tuo approccio all’MCing è a tutto tondo e negli anni non ha solo coperto quel che è l’intrattenimento ed il confronto nelle battle ma anche l’hosting delle serate, i criteri dietro ai giudizi della giuria, l’organizzazione degli eventi, la partecipazione a una crew dal grande respiro di ambizione com’è la FEA – Freestyle Elite Agency. Quali sono gli aspetti che reputi più importanti che hai assorbito da ognuno di questi ruoli che hai rivestito, in che modo hanno aggiunto materiale al tuttotondo della tua attuale figura artistica?
Ogni aspetto è stato sempre complementare agli altri in modo consequenziale. Vedere un sacco di gruppi forti live mi ha fatto capire come farne uno, fare un sacco di live mi ha dato tante armi in più per capire come stare su un palco anche durante le battle, le varie impostazioni e i vari tipi di show a cui approcciare mi hanno sempre dato intuizioni che poi sono state spendibili in altri ambiti della figura del maestro di cerimonia.
La cosa fondamentale da ricordare per me è quella di essere sempre riconoscibile in ogni cosa che faccio, nè migliore o peggiore di qualcun’altro, ma riconoscibile. Ci sono addirittura contesti in cui devi ricordarti che non sei tu la parte centrale dello show e quindi devi cercare di stare “nascosto in bella vista”. Ogni aspetto della figura dell’MC influenza e completa gli altri, anche se oggi siamo rimasti in pochi ad esplorarli tutti in modo conscio perché le discipline si sono un po’ scisse, però cercare di mettersi in gioco sotto tutti gli aspetti è un boost artistico non da poco.
respiro internazionale
Se è prerogativa di molti rapper concentrarsi sul solo territorio italiano, ci sono tue collaborazioni che hanno respiro internazionale, come la recente apparizione al Merida Hip-Hop Fest in Messico, nello Yucatan. Quale pensi che sia il ruolo di connessioni di questo tipo nel tenere viva la cultura?
Come dicevo prima contaminazioni e connessioni sono fondamentali per mantenere vivo ed espandere il movimento e anche per aumentare il proprio bagaglio artistico personale, ad esempio la mia partecipazione al festival di Merida è stata possibile perché sono molto vicino e appassionato all’ambiente del breaking e ho anche la fortuna di aver fatto da host al Check the Style, che è l’evento di breakdance più importante d’Italia e uno dei più grandi d’Europa. Un’altra volta il fatto di essere in grado di condurre un evento di caratura internazionale mi ha dato poi l’opportunità di portare la mia musica oltreoceano, e non è neanche stata la prima volta che mi esibivo fuori dai confini nazionali. L’arte è senza frontiere, bisogna solo trovare il modo più congeniale alla propria identità artistica per esplorarne tutti i confini.