Cosa resta Leanò?

Leanò, nome d’arte di Eleonora Pisati, è una cantautrice, compositrice e musicista di Milano, città che la vede debuttare prima per strada e poi sui palchi – ora sempre più grossi e sparsi per l’intera Italia. Il suo 2025 comincia con l’uscita del suo nuovo EP, cosa resta?, a dare il via ad un anno che promette nuove evoluzioni. L’abbiamo raggiunta per chiacchierare attorno al suo modo di intendere il songwriting, la performance, la musica in generale che pare circondarla.

cosa resta

Buondì Eleonora, benvenuta. Dunque, è uscito il tuo nuovo EP, cosa resta?, il secondo a distanza di quattro anni da Tempio. Nel mentre hai fatto uscire un’abbondante quantità di singoli. Cosa ti ha portata a ritentare una formula d’ascolto più lunga?

Ciao a te e grazie! Onestamente ho sempre preferito EP o album ai singoli: credo che siano la forma più completa per conoscere un’artista nelle sue varie sfumature. Finora tutti i singoli che ho fatto uscire li ho immaginati raccolti in un EP – anche se in effetti, prima di quelli inclusi in cosa resta? ne sono usciti altri che per vari motivi sono rimasti isolati. Poi aldilà delle mie preferenze oggi c’è una ricerca quasi spasmodica al singolo forte, viene quasi chiesto di pubblicare canzoni come post, di essere costanti, sempre attivi. Ma a me questo modo di fare musica non appartiene e non interessa, preferisco prendermi i miei tempi e concedermi il lusso di cambiare idea su un piano editoriale e su quello che voglio dire, anche se ho fatto piangere l’algoritmo!

linguaggio

Il linguaggio che adotti nel tuo progetto solista riesce a prendere le regole della canzone pop e hackerarle in maniere sottili, inserendo piccoli giochi testuali o musicali nascosti all’interno di ogni brano. Cosa ti affascina in questa forma-canzone, e cosa ti ha spinto ad esplorarla?

Ho sempre ascoltato canzoni e come molte persone ho iniziato ad avvicinarmi alla musica proprio grazie alla forma-canzone – da quelle dello Zecchino D’Oro a De André. L’approccio è stato abbastanza naturale: mi sembrava la cosa più affine e l’ho esplorata. Forse scrivere testi sui brani di chitarra classica che studiavo li rendeva più divertenti, forse non conoscevo molti generi e comunque non li ho mai visti troppo diversi tra loro.

Mi concentravo di più su quello che avevano in comune: climax, introspezione e le emozioni che mi suscitavano. Poi crescendo ho iniziato ad ascoltare molta musica, quindi le contaminazioni sono disparate, e come fa il linguaggio, sono fili di un vestito che indosso: entrano in gioco e si contaminano l’una con l’altra in modo inconsapevole, come dei piccoli gesti o modi di fare che assorbiamo crescendo. Non ho mai preso troppo in considerazione le regole, se non all’inizio un po’ per la struttura o le progressioni; ho sempre cercato, soprattutto in adolescenza, di sfuggirci.

performance e introspezione

Nel tuo uso della voce sono presenti accenni, talvolta più marcati e altre volte più sottili, di un’interpretazione che travalica la musica per accedere ad un uso teatrale, recitato, talvolta declamato, sensazione che esponenzialmente prende piede osservando le tue performance live. Come lavori sul testo dei pezzi affinché energie di questo tipo possano sprigionarsi?

Anche qui onestamente non so se c’è un lavoro consapevole su questo aspetto. Quando scrivo cerco di scavarmi e dare voce a ciò che ho paura di dire e di ammettere, usando eventualmente delle immagini che manipolo un po’. Per farlo e per esprimere esattamente quello che voglio mi rendo conto che ho bisogno di tante parole, quindi forse viene fuori un uso recitato. Aldilà della scrittura che ha un sottotono più introspettivo, nei live sento che lo stato d’animo è opposto, ma speculare: cerco di far arrivare molto di quello che sento, ma allo stesso tempo è come se mi tirassi fuori da me – un po’ come se cercassi uno spaesamento, un entrare completamente in quello che sto facendo.

mondi che si intersecano

Oltre al tuo progetto più prettamente legato al cantautorato, la tua creatività musicale sconfina verso altri territori: dalla musica di ricerca a quella pensata per la scena. Come pensi che questi mondi si intersechino, cosa portano all’interno del tuo songwriting?

Tutto si mescola in modo piuttosto naturale, dipende sempre da cosa serve in quel momento. Il lato più pop e se vogliamo “piacione” della musica mi è utile in tutto, soprattutto nei momenti in cui c’è la necessità di aprire o far esplodere quelle parti di un brano che se fosse in forma-canzone chiameremmo ritornelli. Ma molto anche di composizione classica ed elettronica rientra soprattutto nelle ultime cose che sto scrivendo. Ad esempio nell’intro di cosa resta? ho preso un frammento di una canzone e l’ho unita con raccolte di field-recordings che ho manipolato come di solito non faccio nelle produzioni pop. Ultimamente mi sto divertendo con sonorità non convenzionali, come quelle delle tecniche estese, ma alla fine il vero obiettivo è renderle accessibili.

milano

Al netto delle tue radici, la città dove sei musicalmente cresciuta e dove il tuo progetto ha base è Milano, enclave di creatività che citi in molti dei tuoi testi. Com’è ritrovarsi immersa in un hummus creativo così fertile, e cosa ha donato alla tua musica tutto questo?

Se è vero che l’identità si costruisce attraverso relazioni con l’alterità e che l’incontro con gli altri è necessario alla costruzione e all’affermazione di sé, allora Milano è stata essenziale per il mio percorso. Tuttavia oggi l’uso dei mezzi di comunicazione è così pervasivo che entrare in contatto con l’altro è più facile ma anche più complesso e va decostruito ciò a cui siamo stati abituati. Sicuramente Milano è utile per le piccole comunità di cui ho fatto parte, per una musica più vissuta e sentita, soprattutto nei live e nella diversità delle proposte. Ma credo che questa dimensione di ascolto si riesca e si possa trovare un po’ ovunque, e comunque sta diventando rara anche qui a Milano per dinamiche note ai più. Alla fine l’esperienza che abbiamo negli scambi umani e artistici non è fatta (solo) dai luoghi, ma dall’intensità con cui viviamo l’incontro con gli altri.

Ora che cosa resta? è uscito, quali sono le prossime direzioni verso cui ti muoverai?

Voglio far uscire un album e concentrarmi sui live!

VUOI SCOPRIRE ALTRA MUSICA BELLISSIMA? LEGGI FELT E SEGUICI SU INSTAGRAM!