Mamma: farsi poesia, allenarsi al dolore

La Mamma, dalla voce di Matteo Gorelli, classe ’93, è un progetto che nasce in Casanza, non in Toscana. Istinto della luce è il primo disco in uscita il 6 dicembre. Anticipato dalla vittoria all’edizione 2023 al Premio Dubito e da un percorso che ancora prima che musicale è di vita, desidera dare voce a un margine il cui suono appartiene a sé e a molte altre storie. Sperimentale ed intenso, il progetto parla con una sincerità spoglia di tutto, e che di tutto spoglia chi ascolta. Con questo disarmo, ci abbiamo parlato.

liberarsi dal trauma

Benvenuto Matteo, e grazie. Dunque, il tuo nuovo album Istinto della luce è stato anticipato da Una lista di amici, brano che non figura nella tracklist ma che condivide col progetto sonorità e immaginario. Evidente è uno dei temi che attraversa l’intero progetto, cioè la connessione che c’è tra sofferenza e violenza, oltre al tentativo di spezzare questa consequenzialità, della traduzione di un passato e di un contesto in qualcos’altro, in altri esiti. Il tuo racconto è estremamente personale: in che modo la musica e la poesia ti stanno aiutando in questo processo di trasformazione?

Ciao Isidoro e grazie per le domande. Il mio racconto come dici è estremamente personale, lo riconosco, è così personale che la sua ricerca affonda ad un livello che non appartiene più al suo individuo. La biografia, quando schiacciata, si liquefa e può diventare storia degli altri. Come il particolare (nelle indagini storiche) porta a cogliere interi periodi ed ere, così una biografia, se posta in un’autopsia, una chirurgia persistente, perde il carattere di singolarità e diventa storia di chiunque.

Tutti i grandi protagonisti della miglior prosa letteraria sono tutti noi ed i confini di ogni battaglia, quando ognuna di queste è davvero nella sua forma più pura e scarna, si perdono e ogni battaglia è un altra battaglia. Una lista di amici, come dici, racconta la violenza ricevuta, che diventa trauma e si trasforma in carneficina, e vuole rompere la catena del male, parlarne forte per averne coscienza e liberarsi. I miei amici sono gli amici di chiunque, queste storie di colpevolezza, su scala più ampia, sono i demoni reificati di moltissime persone.

Quando il trauma non si vede ti domina, i miei amici soccombono al trauma. I primi del mondo per liberarsi hanno bisogno degli ultimi e non viceversa. La poesia è la voce del corpo, farsi poesia è allenarsi al dolore di partorirla e sublimarsi quando nasce.

SCELTE SONORE

Le scelte sonore per le strumentali di Istinto della luce sono molto varie ma mai stucchevoli. Che si parli dell’utilizzo di una fisarmonica o di una cassa hardstyle ogni elemento è funzionale all’espressione di un messaggio, scavalcando spesso barriere tra genere e genere. Com’è stato il lavoro in studio per ottenere questo risultato?

Il lavoro in studio è stato bello, emozionante e inaspettato. Il mio producer, Mattia (aka Probono) ha un’atteggiamento talmente libero, un approccio da autodidatta punk. Lasciamo sempre che sia il rapporto e il rispetto fra la mia ricerca evocativo-testuale e le sue idee di arrangiamento a dominare la sessione in studio. Siamo io e lui, ma in realtà siamo il nostro incontro. È un ragazzo poco convenzionale, con cui rischiamo di non prendere nessun ascolto data la sperimentazione. Llavorare insieme, però, ci dà benessere spirituale, e questo conta più del resto.

poesia & rap

Nel disco è comunque presente una marcata componente rap che si ripropone più volte e che compatta i tuoi testi in una musicalità che è organica con l’intero fluire dei brani. Nel tuo percorso poesia e rap sono sempre andati a braccetto, o hai trovato col tempo modalità per farli andare assieme? Quali pensi siano le potenzialità espressive che il rap può aggiungere al performare poetico, quale il suo significato sociale?

In realtà io vengo dalla poesia scritta, che per essere scritta è sempre prima stata intonata nel mio sentire, da cervello a bocca e ritorno, polmoni e orecchie e ritorno… La mia poesia ha sempre avuto in sé una sua musicalità che poi traducevo su foglio. Spesso e volentieri avevo bisogno di leggere ad alta voce ciò che scrivevo. Questo nel tempo si è trasformato in esibizioni verso un pubblico (più o meno grande, da una singola persona a centinaia). Poi nel mio percorso ho conosciuto prima chi organizzava gli slam e/o le declamazioni, ma non sono mai state propriamente il mio circuito, e dopo chi organizzava battle rap ed eventi e ho trovato nel rap una poesia profondissima e sintetica, rispetto ai versi dei poetucoli (gruppo nel quale anche io mi sento). Ho conosciuto Yassa nel 2019, erano circa 3 anni che ascoltavo rap, in maniera assidua.

Lo conobbi durante un evento di cui ero relatore, e dissi versi in pubblico ad alta voce. Lui rimase colpito dai versi ed io rimasi colpito dal suo approccio nei miei confronti. Un anno dopo saremmo risultati vincitori di un bando pubblico che prevedeva l’apertura di una no profit. Attitude Recordz è ciò che ne è conseguito: un’etichetta a vocazione sociale, gratis, e in grado di aggregare talenti attorno ad eventi e percorsi di sperimentazione/formazione.

La cooperativa che sviluppa Attitude adesso ha 4 anni, si chiama Atacama. Lavora nella prevenzione alla devianza sociale e il reinserimento di detenuti attraverso i mezzi dell’audiovisivo. Per quanto attiene il rapporto fra rap e poesia, nel mio caso sono inscindibili. Unirli significa arrivare a persone dai ceti sociali differenti, dalle biografie differenti, il paradosso è che i rapper sanno apprezzare la poesia, i poeti invece faticano ad apprezzare i rapper.

SCANDALO, ROTTURA, DISTURBO

Nel testo che hai scritto per accompagnare i versi che ti hanno fatto vincere la scorsa edizione del Premio Dubito (recuperabile in Generazione di pentole a pressione, Agenzia X, 2024), tra le suggestioni, parli del potere deflagrante della parola detta fuori dai recinti dell’accettabile, e questo lo incarni nell’attitudine, nei testi e nel tuo performarli. Il tuo progetto chiama in causa chi ascolta, lo smuove, lo attacca frontalmente. Quali sono le reazioni che vorresti generare in chi ti ascolta?

Con il mio modo di essere e di scrivere, così come di detonare in atteggiamenti sbavati e fuori posto, ho un desiderio profondo di scandalo, di rottura, mi auspico che attraverso parole scorrette, atteggiamenti ai limiti della molestia, io possa provocare nell’ascoltatore un’uscita da ciò che lo fa restare comodo nella fruizione di un prodotto, nel consumo dello stesso, nel gradimento post cena in cui ci si guarda un’ esibizione. Voglio disturbare, sennò non servo a niente, e nemmeno la mia vita e la mia poesia servono a niente.

DARE VOCE

Il tuo liricismo riesce a far convivere in maniera quasi crudele per la sua veridicità il tuo vissuto autobiografico e il tuo mondo interiore. C’è una necessità urgente ed estramemente pittorica di rappresentare ciò che hai attorno, il tuo contesto, le persone e le loro rivendicazioni. Di chi è la voce che vuoi liberare con la tua arte, che cosa liberi quando performi?

La voce che mi hanno dato non è mia, nella stessa misura in cui lo è. Permettere alla voce che ho ricevuto in dotazione di uscire è il mio lavoro. Predispormi affinchè io abbia predisposto attorno alla sua fuoriuscita una casa dove poggiarsi per esprimersi, è ciò che devo fare io. Ma la mia voce non è mia, non ho merito rispetto a ciò che ne deriva. Rappresento la sconfitta, la malattia progredita e divenuta morte nelle vite delle persone schiacchiate da traumi e dai figli del capitalismo. Voglio essere la fame di chi ha fame, riportare alla voce chi l’ha persa. Se non cercassi questa dimensione nella vita, la verità della voce singolare che ognuno di noi ha (e che rifugge, perché è la cosa più potente che abbiamo) sarei più morto di quanto già non lo sia.

VUOI SCOPRIRE ALTRA MUSICA BELLISSIMA? LEGGI FELT E SEGUICI SU INSTAGRAM!